admin On settembre - 7 - 2010

Pablo Larrain - "Post Mortem"

Mostra del Cinema di Venezia
day 5-6
5-6-7.09.2010
Lido di Venezia

Se con “Di Renjie zhi (Detective Dee and the Mystery of Phantom Flame)”, il regista Tsui Hark regala la sua migliore opera (di sempre, addirittura?) raccontando le disavventure di Di Renjie, tra veleni esotici, metamorfosi, città sconosciute che affiorano dalle profondità del mare e un sottobosco di tradimenti politici interni all’Impero di Wu Zetian (e grandiosi effetti speciali e combattimenti, in primis), mentre con “Post Mortem” (per ora il miglior film visto, probabilmente), il giovanissimo (classe ’76) cileno Larrain rievoca i fasti del suo “Tony Manero”, concentrando nuovamente la sua storia nello stesso periodo storico e palesando un attaccamento quasi archivistico nei confronti della storia del proprio paese, con un Alfredo Castro meritevole del Leone d’Oro come miglior interprete, nel portare sul grande schermo un personaggio oscuro, mortuario, colmo di solitudine e fragile, la cui debolezza si trasforma in molti punti in ignavia disgustosa, guadagnando applausi interminabili da parte di pubblico e critica commossi e sconcertati da tal bellezza cinematograficamente empatica, con “Meek’s CutoffKelly Richardson smista con arguzie fotografiche, le nozioni del Far West movie degli anni addietro, concretizzando nella sua storia l’essenza sfuggevole della polvere come crudeltà e lentezza di storie di carovane e rocce, aridità e popolazioni sconosciute, alla ricerca di terre ospitali e di acqua, come se il West metafisico raggiungesse la sua completezza negli occhi di donne e bambini, che percepiscono la morte come salvezza e non diversità o ostilità (il tutto sottolineato da un paradossale schermo quattro terzi a rendere la fotografia innovativa ed originale, soprattutto se confrontata ai numerosi film sullo stesso tema).
Ma il rutilante concorso di Venezia 67 ha proposto anche lo splendido “Noi Credevamo”, con cui Mario Martone porta in scena la storia di tre giovani del Sud Italia che dopo la feroce repressione borbonica che ne sconvolge le rispettive famiglie, decidono di avvicinarsi alla Giovine Italia di Mazzini: 4 episodi collegati ad altrettante pagine oscure del Risorgimento, tra cospirazioni, rivoluzionari sanguinari e una sospensione tra brama di vendetta e rigore morale, ad indagare sull’Unità d’Italia (e Venezia propone, sul tema, anche, per Controcampo Italiano, il documentario sull’Unità ad opera di Gianfranco Pannone, “Ma Che Storia”, in primis sulla cultura contadina, spesso dimenticata dai libri di storia – assai consigliato), sulle sue contorte ed ancora piene di misteri, radici del nostro paese.
Una parentesi a parte va invece fatta per il già chiacchieratissimo “Vallanzasca – gli angeli del male”, storia dolorosa e anti-eroica che Michele Placido (non più nuovo a film già cult sul periodo) smembra attraverso l’approfondimento della figura di uno dei più efferati pluriomicidi del’Italia dello scorso secolo, Renato Vallanzasca. Un’onestà criminale, la sua, quasi rigorosa ed indegnamente perfetta nella stessa follia in cui matura, e che sottolinea un personaggio malsano e parallelamente fedele alla propria missione di assassino dei “nemici”. Riferimenti politici si, ma con giudizio, e un cast stellare per l’Italia (tra Rossi Stuart, la Solarino e Timi), certi che la pellicola sarà presto un enorme successo, tra polemiche e conferme.
Ma è Vincent Gallo, triplice e vero protagonista del Festival di Venezia (seppur nemico di incontri pubblici e delle mondanità che la kermesse implicherebbe), come regista in concorso con “Promises Written in Water” e con il cortometraggio “The Agent”, e attore per Jerzy Skolimowski nel grandioso “Essential Killing”: esasperato racconto cinematografico di una misteriosa fuga di un presunto talebano in un paese ignoto (forse proprio al Norvegia, dove le scene sono state girate), tra crudele istinto di sopravvivenza, solitudine imposta, natura contraria e nemica, essenzialità del sopravvivere (e, di conseguenza, dell’uccidere) atroci dubbi e flashback su un passato doloroso. Ma mai come il presente: algido e furibondo.
Magistrali pellicole di grandi maestri.
Di tutto un po’.

di Ilaria Rebecchi

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