TRAFFIC 2010
(primi tre giorni) – Piazza Castello/Torino – Venaria/Reggia (To) 14-15-16 luglio
Primo giorno, mercoledì 14 luglio. Piove, una mano divina tenta di portarsi via l’enorme bolla di calore di questi giorni, salgo in macchina, luci accese e tergicristallo in moto velocità due, arrivo nel traffico di questa città, come tutte le grandi città si conoscono le scorciatoie. Traffico e vie chiuse per lavori che sembrano fermi ormai da diversi anni. Le gomme scivolano sull’asfalto, fischiano il loro imminente abbandono. Centro di Torino, zone non accessibili, pedoni distratti e ristoranti dimenticati. Parcheggio in zone sempre più povere di spazio per le auto. Arrivo in Piazza Castello, non sembra accennare a smettere di piovere, mi rifugio sotto i portici e aspetto. Finalmente un squarcio di blu nel cielo e io mi avvicino al palco.
Devo dire, parto prevenuto su Charlotte, per anni lei ha avuto paura di salire sul palco e della dimensione live. Fisicamente mi ricorda la Patti Smith degli anni ‘70, colpisce la sua presenza non bellissima ma particolare. Canta circondata da timpani e xilofoni, una band giovane e fresca, con una voce molto bella che prende direzioni impensabili quando non viene sussurrata, penalizzata da una non buona equalizzazione di un basso troppo presente. “Songs that we sing” avvolge i musicisti circondati da piccoli monitor che proiettano immagini, la punta della Mole che si intravede da dietro il palco con i numeri di Fibonacci che risplendono rossi, un’equazione perfetta in questo momento. Le influenze degli Air si fanno sentire e i commenti di qualcuno del pubblico che si aspetta un improbabile duetto con Carla Bruni mi fanno sorridere. Il finale è un omaggio a suo padre, quel “Couler Cafè” dai ritmi caraibici che fa cantare e ballare tutti. Vorrei portarla su una terrazza nel centro di Torino per sentirle pronunciare “da qui sembra Parigi” .
Secondo giorno, giovedì 15 luglio. Sole, caldo, 32 gradi sul termometro della macchina. La pioggia di ieri è dimenticata. I giardini sono freschi ma il caldo sotto il palco ha livelli d’emergenza. Mixo presenta gli Statuto, il sole che tramonta dietro le Alpi illumina una sciarpa granata, i tifosi cantano cori da stadio mente l’inno del Toro suona negli amplificatori. Oskar è elegante come sempre e come il resto della band, Naska suona benissimo dietro Valerio alla chitarra e la sezione dei fiati. “Noi siamo gli Statuto e veniamo da Lecce!”, “Sole Mare”, “Piera”, “I campioni siamo noi”, “Ragazzo Ultrà”, “Qui non c’è il mare”. Oskar, prima del pezzo finale “Abbiamo vinto il Festival di Sanremo”, presenta “Il padre di tutti i mods, è andato a scuola con Paul Weller”: il mitico Tony Face ex batterista dei Not Moving che si affaccia da un lato del palco.
Un amplificatore con il simbolo dei mods ed entra lui, The Godfather of Mods, Cappuccino Kid, Sir Paul Weller: stiloso e molto apprezzato dal pubblico femminile accanto a me, con una maglia con collo a V azzurra. L’inizio è folgorante: “Changing Man”, pezzo che ben identifica tutto il suo percorso musicale di questi anni, dalla potenza del punk dei Jam allo stile raffinato degli Style Council. Pezzi del nuovo album “Wake Up The Nation” come “Up the Dosage” con quel falsetto che si trasforma nel timbro inconfondibile di Paul in pochi secondi alla rhythm’n’blues “Trees”. La potenza di “From The Floorboards” seguita da “Moonshine” sempre tratte da “Wake Up…” introducono il doveroso tributo ai Jam “Strange Town” che fa saltare il pubblico. Ma è la versione live di “Shout to the Top” degli Style Council che fa rimanere tutti a bocca aperta. Un gruppo di persone vicino a me tira fuori dei girasoli che accompagnano la ballata soul “You do something to Me” facendo il verso al suo videoclip, “One bright Star” e quel ritmo alla “Besame Mucho”. “Wild Wood”, Paul fuma, si scatena, ha una voce da dio, suona il piano, l’hammond, il tamburello, “Pretty Green” è spettacolare accompagnata dalle movenze ‘Pete Townshend Style’ del chitarrista, si arriva al gran finale, con “Start!” che è ancora un tributo doveroso ai Jam, sound motown sparato direttamente dagli anni ‘60, psichedelica, soul e punk, Weller non ha età ed è riuscito come solo pochi hanno saputo fare, con stile e una immancabile dose di rabbia, a reggere il passaggio del tempo.
Viene calato il tendone con l’enorme scritta The Specials suona l’intro. È “54-46 Was may Number” di Toots & the Maitals e io vengo letteralmente travolto dagli skin sotto il palco, mi trasferisco di lato. L’inizio degli Specials è folgorante “Do The Dog”, tutto il parterre balla, si scontra, mentre vengono sfiorate le risse con il servizio di sicurezza. Terry Hall introduce “Too Much To Young” con quei coretti un po’ stonati ma impossibili da non cantare: gran festa, gli Specials (non dimentichiamolo, vennero scoperti da Joe Strummer che li volle in tour di spalla ai Clash) sono in ottima forma, inconfondibili hammond e chitarre in levare, “Gangsters” è un inno. Sudore caldo a livelli d’allerta si mischia con lo ska della band, si riposa solo verso il finale con “Rudi a message To You” pezzo ormai strafamoso grazie a una nota pubblicità. Gran serata.
Terzo giorno, venerdì 16 luglio. Arrivo con molta calma, il tramonto accompagna il mio avvicinamento alla zone del palco. Mi siedo nel prato dietro gli spalti, prendo un pezzo di focaccia di Recco agli ottimi stand Slow Food mentre suona il secondo gruppo, credo siano i Kebacid, il loro beat ininterrotto accompagna la mia cena. C’è già gente che balla sotto il palco, non moltissima ma quanto basta da permettere un buon set del gruppo: stasera è clubbing e la gente arriverà sul tardi. Faccio un giro per i banchetti, tra un camioncino Wolkswagen blu anni ’60 e magliette degli Small Faces, Who e naturalmente del Traffic. Sento Mixo che introduce i Klaxons: quando ho visto un loro concerto qualche anno fa al quarto pezzo ero scappato, ma stasera do un’altra possibilità ai ragazzi londinesi. Alla fine mi ricredo: fanno un buon concerto, a suonare son migliorati, caricano il pubblico, piacciono molto ai ragazzini e singoli come “Golden Skans” e “It’s Not Over Yet” mettono d’accordo tutti.
Intanto è arrivata un sacco di gente, che è qui per ballare senza ombra di dubbio: entra Tiga preceduto da un boato, il dj un po’ più che dj, fondatore dell’etichetta Turbo Recordings, diventato famoso per ottimi remix (Depeche Mode, Killers, Moby, Scissor Sisters…), trasforma il parco in un dance floor a cielo aperto, luci e laser e deep house, qualche scossone tra la gente, corpi sudati, volti felici e persone sdraiate in terra, le luci illuminano i muri storici della Reggia. Quando mi allontano, il beat della cassa mi accompagna a km di distanza.
Decido di chiudere qui il mio Traffic per quest’anno, tutto riuscito alla grande nonostante i rimpalli sul luogo della manifestazione, do il mio piccolo contributo ai ragazzi che passano tra il pubblico per raccogliere fondi che permetteranno lo svolgimento dell’edizione del 2011, con la speranza di rivederli investiti il prossimo anno.
di Maurizio Cerutti
bravo maurizio!
grazie fabio! 🙂