THE MISFITS
New Age club
di Marco Mantovani
Una schiera di fan con addosso le loro t-shirt. Da anni i loro gadget vanno a ruba ovunque, simboli di uno stile inimitabile. Se fossero ancora vivi e vegeti solo i defunti Ramones potrebbero giocarsi questo primato. Un sound inconfondibile, punk and roll con affinità metal, dicono horror punk e un teschio come mascotte adottata nel 1978 da una serie televisiva americana conosciuta con il nome The Crimsom Ghost. Trentatre anni di show alle spalle! Non so se rendo l’idea… Iniziano a suonare nel mitico 1977, fondati nel New Jersey da uno che fa di nome Glenn Danzig, allora un ragazzo.
Nel 2010 Danzig non c’è ma i Misfits dimostrano di esserci ancora. Al New Age di Roncade danno vita ad un live tutta energia di un’ora e mezza abbondante. Sono presenti fan accaniti, ovviamente agghindati in perfetto stile Misfits, anche da Austria e Slovenia. A dimostrazione che quando si ama una band i chilometri si macinano come fossero metri.
Conto tre pause in tutto, fatta eccezione per un piccolo imprevisto alla batteria. Perdo presto il conto dei pezzi perché sono sparati verso il pubblico esaltato come una raffica di M-16. Se non sono trenta canzoni poco ci manca. Non si fermano quasi mai a rifiatare nonostante i cinquant’anni suonati. Jerry Only c’è, con tutto ciò che lo ha fatto diventare un’icona del punk, nonché personaggio immagine di questa mitica band. Devilock, giacca in pelle senza maniche a sfoderare le possenti braccia, trucco e basso nero con teschio rigorosamente incastonato sulla paletta. Lo show si fa attendere un po’. La deliziosa musica cimiteriale di sottofondo fa presagire che l’attesa è alla fine. Verso le 23.30 circa, Jerry è il primo al fare il suo ingresso sul palco. Da li in poi è show. I pezzi storici che la gente voleva sentire ci sono tutti con l’aggiunta di qualcosa di più recente, non altrettanto esaltante ma comunque notevole. Mi stupisce in particolare la voce di Jerry, sempre precisa e potente, mai un calo. Non c’è dubbio che il signore con quel ciuffo abbia esperienza da vendere ma a cantare bisogna pur sempre essere capaci. I cori in stile Misfits sono bene assortiti e fanno cantare un po’ tutti, baristi compresi. American Psycho è una di queste, ma tra le tante è difficile vedere teenagers e più attempati non partecipare al live cantando o sbiascicando qualche parola in inglese. Peccato che il pubblico italiano capisce poco o solo in pochi quando i Misfits cercano di interagire. La risposta è praticamente sempre un coro unanime che dice: Yeahhhhh! Ma tutto è ok, Jerry e Dez si scambiano qualche furtivo sguardo, un lieve accenno di sorriso e avanti così. Pugno al cielo, movenze classiche che hanno fatto la band famosa in tutto il mondo e fuckoff in abbondanza. Nonostante il tipico horror e le tinte fosche il concerto è carico di una energia positiva e molto divertente. Mi rendo conto che una band così ha avuto forse troppa poca risonanza mondiale considerando ciò che ha dato e inventato.
Lo show finisce con la stessa musica dell’inizio, degna di Highgate Cemetery. I Misfits prima di scendere dal palco dedicano molto tempo al pubblico, stringendo mani e firmando autografi. Per me sono delle star ma dimostrano una disponibilità enorme. Da esempio per le nuove leve. Lode ai Misfits.