admin On agosto - 26 - 2010

SZIGET FESTIVAL   9-15/08/2010 Obuda Island (Budapest)

 

Raccontare ciò che è stato il Sziget Festival è allo stesso tempo facile e difficile. Facile perchè chi, come il sottoscritto, ama e vive di musica non può che trovare piacere e scorrevoli parole nel descrivere una settimana di assoluta cultura musicale, difficile perchè ogni vocabolo,ogni momento, ogni situazione riportati non fanno che aumentare quel senso di smarrimento che chiunque abbia solcato il terreno ungherese si è portato dietro al rientro in Italia e che durerà  per lunghissimo tempo. Sziget è tutto ciò che si può volere, un’esperienza difficilmente riscontrabile in altri festival, un qualcosa che ti colpisce dritto al cuore e non ti vorrebbe mai lasciare ed in effetti, probabilmente, è proprio così. Già dall’arrivo all’isola di Obuda, splendido paradiso delimitato dal Danubio nel cuore di Budapest, si può respirare quell’aria di libertà e fratellanza, quel connubio di diverse culture ed estrazioni sociali, quel tocco di colore in un mondo  sempre più grigio e contaminato da sporchi interessi: un’isola anarchica, dove però la convivenza è religione, dove il rispetto è politica, dove la musica è legge. I primi due giorni passano veloci, gruppi locali aprono le danze a star della scena reggae internazionale, il tutto mentre il festival si riempie sempre più di gente da ogni parte d’Europa e il clima diventa sempre più magico. Dal terzo giorno si fa sul serio, la scelta si preannuncia già molto difficile e personalmente ricade su G WAR, fuori di testa e cattivi come pochi, e SKA P nel primo pomeriggio. Gli spagnoli hanno una marcia in più e si vede: prestazione energica e festaiola a 360°, tantissima gente che ballava e un pogo continuo degno di nota a ridosso del palco…anticonformisti, ribelli, ottima valvola di sfogo in attesa degli headliners della serata, THE HIVES e MADNESS che non deludono i tantissimi fans che da ore li attendevano. Proprio mentre i The Hives prendevano piede nel main stage, nella Party Arena iniziava lo show di DJ SHADOW, autentico fautore dell’ instrumental hip hop e capace di riempire lo spazio del Sziget in ogni ordine di posto suscitando in me, povero italiano in terra europea, una certa dose di stupore nel pensare a cosa sarebbe accaduto in Italia in fatto di presenze…e questo fu solo l’inizio di una serie infinita di tesi a supporto del fatto che,  culturalmente-musicalmente parlando, per noi italici la strada è ancora molto ma molto lunga. Poi toccò a PEACHES (favolosa) e ai BAD RELIGION l’onere di rendere ancora più speciale la prima notte che, per me, termina con SANDER VAN DOORN e  i suoi ritmi trance da pelle d’oca. Il giorno seguente l’Inghilterra la fa da padrona incontrastata se si pensa ai PIL ( sempre in gran forma ), ai THE SPECIALS ( in prima linea ), ai SIMIAN MOBILE DISCO ( un live perfetto in una Party Arena gremita sin dalle 19) e ai due ospiti forse più attesi: FAITHLESS e GORILLAZ ( qui come Sound System ). Che dire, i Faithless non hanno bisogno di presentazioni, hanno infiammato gli anni ’90 della club culture e sono ancora gli stessi di dodici anni fa. Canzoni come God Is A Dj e Insomnia difficilmente usciranno dalla testa di chi quella sera li ha vissuti e ballati come si deve ad un gruppo di tal calibro. Per quanto riguarda i Gorillaz, o meglio il dj set dei Gorillaz, non mi soffermo più di tanto: la decisione di farli suonare in un posto secondo me inappropriato, in quanto troppo piccolo per la troppa gente accorsa, ha leggermente macchiato l’esibizione e l’ha resa spenta e difficile da giudicare. Peccato. A tirare su gli animi ci hanno comunque pensato BOYS NOIZE ed EROL ALKAN in un b2b da paura di tre ore…elettrizzanti! E si arriva alla giornata in cui dal mattino vedi aggirarsi per l’isola Emo da ogni dove, ovviamente tutti accorsi per Jared Leto e i suoi 30 SECONDS TO MARS che sarebbero stati preceduti da MIKA e dai PAPA ROACH, questi ultimi a mio avviso molto validi e con un sound energico e penetrante. Ovviamente nello stesso giorno non ci si può dimenticare degli OI VA VOI e dei PARADISE LOST, per poi tuffarsi nella Party Arena e danzare con i fantastici GOTAN PROJECT, acclamati da oltre 3 mila persone indemoniate come se davanti avessero gli Iron Maiden ( altra stupenda caratteristica del festival: ogni gruppo era osannato all’ennesima potenza ) e poi scatenarsi dinanzi alle potenti battute di ADAM BEYER. Di Leto e del suo gruppo non  si può non dire che hanno un seguito rumoroso e urlante e il cantante lo sa bene, incitando la folla con continui “everybody scream” ed ottenendo dal pubblico stesso una vera e propria esaltazione. Dal giorno seguente l’aria cambia, il festival si riempie sempre più e gli Emo fanno spazio a personaggi più duri e puri, indubbiamente. Siamo entrati nello spazio vitale degli IRON MAIDEN e l’atmosfera si fa più cupa ma, attenzione, ennesimo particolare stupendamente positivo del Sziget: nel main stage, a poche ore dall’esibizione della band inglese, suonano i SUBSONICA. Massimo onore a Samuel e soci che deliziano il numerosissimo pubblico italiano con un’ora di pura energia, in perfetto stile Subsonica; massimo onore anche ai fans degli Iron che disertano le prime file per lasciar spazio ai fans del gruppo torinese, per poi appostarsi sotto al palco alla fine dell’esibizione. Domanda lecita: cosa sarebbe successo in Italia? E’ ancora sotto gli occhi di tutti quella giornata bolognese in cui i Blink 182 furono presi a  sassate dai fans di Slipknot, Korn, etc. Meditate gente, meditate. Oltre ai Subsonica, ottime performances di THE CRIBS e NINA HAGEN, nonché di CALVIN HARRIS e soprattutto degli INFECTED MUSHROOM in party arena, con gli israeliani scatenati in un vortice musicale che ha regalato, a chiunque fosse presente nella notte ungherse, sensazioni uniche e fenomenali. Iron Maiden favolosi: vedere un gruppo che dal 1975 è sulla cresta dell’onda e al giorno d’oggi suona e si diverte come 35 anni fa è bellissimo, ti fa credere che è ancora possibile godersela e sognare se si è convinti di ciò che si fa. Un gruppo con le palle dal quale tanti gruppetti di oggi dovrebbero trarre insegnamento, una band senza prime donne che pensa solo a far musica e a farla nel migliore dei modi…immensi Iron Maiden. Con le prime lacrime agli occhi ci si appresta a vivere l’ultimo grande giorno, la chiusura che meglio non poteva ospitare se non il gruppo che attualmente detta legge sull’intera scena rock mondiale, ma andiamo con ordine. Degni di nota della giornata i giamaicani MAJOR LAZER, DANKO JONES ( potenza pura, rock ‘n’ roll in gran stile ) e BILLY TALENT ( che molto conosceranno solo per un suo classico motivetto di qualche anno fa ma che invito a seguire con attenzione ). Poi è il turno dei fratelli minori degli Oasis, ovvero i KASABIAN: ottima prestazione, vitali, brillanti e, sorpresa, il cantante magicamente simpatico e disponibile…l’aria del Sziget contagia proprio tutti! Poi tocca a loro, a chi è capace di far sognare con un solo giro di chitarra, a chi ti fa toccare il cielo con un dito all’ascolto di stupende melodie, tocca ai MUSE. Ottimo concerto, stilisticamente perfetti, mai una sbavatura, si confermano il gruppo che tutti conoscono e che, dopo la data di San Siro di Giugno scorso, ha fatto intendere che le strade intraprese da gruppi come U2 e pochi altri possono essere tranquillamente ripercorribili. Un’esibizione direi quasi perfetta e, se Bellamy non avesse avuto una giornata storta dal punto di vista dell’intrattenimento, sarebbe stata completa sotto ogni punto di vista.

Il Sziget Festival è finito e con lui se ne vanno emozioni vere, penetranti, intoccabili e inscalfibili. In attesa della prossima edizione, in attesa di un’altra libertà musicale, in attesa di viverlo ancora.

Di  Matteo Visentin

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