admin On novembre - 1 - 2010

ROMA FILM FESTIVAL 2010 / day5: Bruce Springsteen, “The Social Network”, “Rabbit Hole”

Protagonista l’uomo.
Non c’è infatti da stupirsi se The Boss, ad esempio, ha colpito ancora.
Lui, eroe del rock da decenni, paladino statunitense dalla calde ballate melanconiche e dalla voce rugosa, a Roma è protagonista di “The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town On”, pellicola che anticipa l’uscita fissata per il 16 novembre prossimo, e che, in forma di documentario, firmato da Thom Zimny, offre il meraviglioso e problematico lavoro che si insinua dietro alla costruzione di un album, tra filmati inediti e brani mai realizzati, risalenti al periodo dal 1976 al 1978. Un po’ punk, un po’ Patti Smith e un po’ country, le sue basi effettive, all’epoca.
Imperdibile, e non solo per gli amanti di Springsteen.

E se “Crime D’Amour“, ottimo thriller firmato da Alain Corneau, si piazza in cima al cinema psicologico (e con finale a sorpresa) per coerenza attoriale e un’intenso scambio di follia, ossessione e stratagemmi razionali (alla “Sleuth”, per intenderci) e sottolinea una nuova ottima performance della celebre Kristin Scott Thomas, con il nuovo acclamato film di David Fincher,”The Social Network“, entra in gioco la storia, vera, di Mark Zuckerberg, noto ideatore e creatore del social network più conosciuto ed importante degli ultimi anni, Facebook. Dai tratti talora un po’ maschilisti, il microcosmo di piccoli genietti internatici viene coerentemente raffigurato e consolidato dall’ottima prova di Jesse Eisenberg, credibile nerd-furbetto, che riesce a parlare più veloce dei suoi stessi pensieri, imitando coerentemente Zuckerberg stesso.

Infine, Aaron Eckhart  e il regista John Cameron Mitchell, orfani di Nicole Kidman, hanno presenato “Rabbit Hole“, intensa pellicola dall’altissimo tasso di drammaticità, sulla tragicità, purtroppo spesso comune e quotidiana, del lutto familiare e sulla sua elaborazione, rappresentando due universi opposti all’interno della stessa coppia, orfana di un bambino morto accidentalmente. Un elevato tasso di pathos avvolgente e struggente, che renderà impossibili le lacrime per i più, e dove l’attesa e la riappacificazione, finale, con il dolore stesso, risultano le uniche cure per conviverci, consci dell’impossibilità del superamento, nel corso di una vita.
Meraviglioso!

Dalla realtà delle reti virtuali alla musica, dal dolore alla psicologia.

di Ilaria Rebecchi

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One Response so far.

  1. Mauri scrive:

    brava Ila

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