admin On agosto - 10 - 2010

 

GET UP KIDS
Milano, 26.07.2010

Per il secondo anno consecutivo fanno tappa in Italia i The Get Up Kids. Il 26 luglio al Carroponte di Sesto San Giovanni sono di scena proprio quegli emo heroes vecchia scuola, che tanto più kids in realtà non sono. Da non confondere con l’ormai aimè troppo comune idea di emo di nuova generazione del ciuffo, dello scremo poderoso e quasi obbligato. Due questioni ben distinte. Non ci sarebbe nessun dubbio se non ci fosse la così diffusa tendenza di voler catalogare con un nome preciso ogni genere e stile.

I The Get Up Kids richiamano un buon numero di fan nonostante sia un lunedì sera di fine luglio e Sesto San Giovanni non sia esattamente una località balneare. Il Parco Archeologico Industriale della località milanese non mi sembra inizialmente il posto ideale per questo tipo di concerto. La scelta del palco ridotto e l’atmosfera che presto si crea attorno mi fa abbastanza ricredere. Si respira il clima sereno e disteso, ottimo preludio per uno show soft. Sarà la band un po’ datata, sarà che i più giovani sono in vacanza, ma noto che il pubblico non è per nulla composto da teenagers, anzi.

La band sale sul palco senza squilli di tromba. Qualche saluto e subito prendono le loro Fender. Dritti per dritti con lo show. Primo pezzo Holydays, secondo I’m a Loner Dottie, a Rebel. La scelta di cominciare con queste due hit è azzeccata perché il pubblico si scalda nel giro di al massimo due secondi. Far cantare a tutti i pezzi più noti di questa ottima band è tutt’altro che un’impresa titanica. Come spesso accadde quando si ha che fare con band che rappresentano un pezzo importante della musica underground le canzoni nuove sono meno apprezzate. Forse anche meno conosciute, perché quelli che li ascoltavano dieci o quindici anno fa si sono un po’ fermati là.

I “Kids” hanno l’atteggiamento e l’attitudine giusta. Parlano e ridono con il pubblico. Suonano bene e molto, scegliendo una scaletta ben mixata tra vecchio e nuovo, tra soft e un po’ meno soft. Non c’è perfezione nello show, perché qualche sbavatura, dovuta forse alle lattine di birra che si sono scolati, si sente. Ma loro giustamente se la ridono e il pubblico anche. Non è punk, ma la matrice e il modo di interpretare i concerti è quello.

Campfire Kansas, pezzo interamente in acustico e cantato dal chitarrista, è un bel momento per staccare e per entrare ancora più in contatto con il pubblico. Sherzi e battute si sprecano che è un piacere. Non posso non menzionare Ten Minutes, una delle mie preferite e la lenta Out Of Reach, una di quelle canzoni da ascoltare abbracciati con la fidanzata. Dovevo vedere un live dei Get Up Kids per fermi tornare alla mente certe immagini. T-shirt a righe, occhiali rotti e il sogno di qualche ragazza irragiungibile. Roba da anni ’90 qualcuno mi suggerisce. Concordo. C’è poi spazio anche per una cover, Close To Me dei Cure, suonata in perfetto stile Get Up Kids. Una scelta assai apprezzata. Un giusto tributo dato che il nome del gruppo di Kansas City deriva per l’appunto da Suburban Get Up Kids, canzona della leggendaria band di Robert Smith.    

Lo show fila via liscio. L’atmosfera rimane piacevole dall’inizio, sino a quando varco il cancello d’uscita del Carroponte. Merito di questi ex Kids che nel 2010 sanno ancora stare sul palco nel modo migliore. Professionalità, attitudine, voglia di suonare. Il divertimento che ho visto nei loro volti e la voglia di stare ancora on the road, sono proprio la ciliegina sulla torta. Dopo anni di tour, cambi di line up, bordate di critiche, lo scioglimento del 2005, essere tornati con questo spirito e voglia non fanno altro che alzare il mio livello di apprezzamento nei loro confronti. Da lode, come quella che si darebbe ad un perfetto studente. 

 di Marco Mantovani

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