ALICE IN CHAINS
Padova, 11.06.2010
di Ilaria Rebecchi
Le reunion non convincono quasi mai, affrontate da band storiche come, forse, il più delle volte, un necessario intruglio promozionale per riscattare la consumata fama d’un tempo.
Ma il grunge degli Alice in Chains, una delle Fab4 band (con Nirvana, Pearl Jam e Soundgarden) più importanti e determinanti di quel breve e fondamentale movimento che risponde al nome di grunge, che negli anni ‘90 riuscì a dipingere musicalmente e liricamente il tessuto sociale della generazione disillusa e disperata figlia dei figli dei fiori e proveniente dal luccichio invadente del decennio precedente, che illuse e raggelò interi popoli, incastrati in algidi trionfi sintetici e sfavillanti mode colorate, regalando la consapevolezza ai giovani di quel tempo di un’inappropriatezza sociale di coscienze superbamente attratte dall’oblio come via di fuga da un non mondo in cui fu impossibile specchiarsi e vedere nitidamente.
Freschi del nuovo “Black Gives Way To Blue”, gli AIC da tempo orfani del compianto e determinante Layne Staley (sostituito dall’ottimo William Du Vall) regalano due ore di intraprendenza musicale, tra i gioielli del capolavoro di “Dirt” (Them Bones, Dam That River, Rain When I Die), cupi, malinconici e oscuri, e le novità (All Secrets Known) come la storia (It Ain’t Like That), e ancora Again e Check My Brain, No Excuses e la meravigliosa Nutshell, Would? e Rooster, Down In A Hole e Angry Chair, estrapolate tra distorsioni possenti e lancinanti, ruvidità grunge sempre viva (il grunge è davvero morto, dunque?), una voce portentosa, che sublima i brani pur lasciando il vuoto incolmabile dell’assenza di Staley, che alle stesse canzoni regalava quel briciolo gravoso e magnetico di teatralità misteriosa e nostalgia acustica, e che viene però fatto rivivere senza imitazione, come un ossequio rispettoso e trascinante al contempo.
Si ricordano spesso troppo poco gli Alice in Chains, che, nonostante una dolorosa ed irrimediabile scomparsa, una new entry azzeccata ma differente e un nuovo album inferiore all’eccellenza passata, rimangono una delle formazioni migliori della scena musicale alternativa, oggi come ieri.
Una grande lezione di storia per il mondo. E il grunge rinasce…
di Ilaria Rebecchi
foto: http://www.kingsroad.it/?page_id=14&album=1&gallery=7