admin On luglio - 18 - 2010

“Closer”
JOY DIVISION

Il 18 luglio di esattamente trent’anni fa usciva Closer, il secondo e ultimo album dei Joy Division. Il disco, registrato ai Britannia Row di Londra nel marzo 1980, fu pubblicato due mesi dopo il tragico gesto di Ian Curtis di impiccarsi nella sua casa di Macclesfield. Inutile fingere che questo sia un disco normale, far finta che nulla sia accaduto. L’eccezionalità di questo album non sta solo nella tragica fine di Ian, anche se è evidente che il fatto in sé fece da cassa di risonanza per la band.

Un anno prima i Division se ne erano usciti con un disco stupefacente che aveva permesso loro di tirar fuori la testa da quella scena di Manchester che li aveva cullati e nella quale erano cresciuti. Se Unknown Pleasures ha uno stile deciso e sicuro, Closer sembra un disco fragile e ancora più cupo. La rigida sessione ritmica creata da basso e batteria si mescola con il sintetizzatore che contribuisce non poco a creare quelle tinte fosche di cui il disco è intriso. Forse, se Ian fosse ancora vivo, il disco sembrerebbe meno ossessionante di quello che sembra. I testi ci rivelano uno stato d’animo malato o quantomeno angosciato. Per capire e apprezzare appieno questo disco bisogna concentrarsi sui testi, prendere le liriche di Ian e digerirle. Già, perché anche di questo si tratta. Era un artigiano della parola. Sempre con un taccuino appresso nel quale fissare i pensieri e l’ispirazione. Le liriche di Closer sono forti, recitano un senso di colpa e un angoscia personale che non possono lasciare indifferenti. L’esasperata conflittualità e la difficile situazione coniugale furono probabilmente necessarie per scrivere le parole che scrisse. Annik Honorè era in quei giorni la persona che emotivamente le era più vicina ed infatti rimase sconvolta dalla stato d’animo del suo amante. Forse fu a tal punto turbata dalle canzoni, perché ebbe l’opportunità di ascoltarle prima che il disco uscisse e quindi prima del suicidio. Lo “scaldabagno belga”, come definirono l’inopportuna ragazza gli altri della band, aveva sensibilità sufficiente per capire che Curtis, in quel momento, molto in salute non fosse. Tra le righe, già in sede di registrazione, si poteva forse interpretare la volontà di Ian o quantomeno intuirne il viscerale malessere. La musica parla di paura in un modo tale che nessuna altra rockband aveva fatto prima. L’innovazione che i Joy Division portarono al mondo della musica fu anche questa. Eppure l’intento della band non era quello di celebrare la disperazione. Gli altri elementi della band durante i giorni di registrazione si comportavano normalmente. Nonostante che le sessioni furono stressanti, quei giorni vengono ricordati in maniera tutto sommato spensierata. Il clima era reso più sereno dai consueti e continui scherzi reciproci, ai quali talvolta prendeva parte lo stesso Ian e Tony Wilson. Leggendo i racconti e le testimonianze di quei momenti viene naturale pensare che i  ¾ della band viveva evidentemente una realtà diversa da quella del cantante. Se gli altri palesavano tranquillità, lo stesso non si può dire per Curtis.

“Questa è la crisi che sapevo sarebbe arrivata/A distruggere l’equilibrio che avevo raggiunto/Dubitando, muovendomi e cambiando/chiedendomi cosa verrà dopo”. Questo cantava in Passover. Le strade di ogni fuga sembrano precluse. Ian Curtis e il resto dei Division stavano su due pianeti distinti.

In 24 Hours sta forse il punto culminante dell’album, almeno per quanto riguarda il messaggio di Ian: “ Non ho mai saputo quanto lontano sarei dovuto andare/Tutti gli angoli più oscuri di un sentimento che non conoscevo/Per un solo istante ho sentito qualcuno chiamare/Ho guardato al di là dell’oggi/Là non c’è assolutamente nulla”.

Non occorre essere un fan per non rimanere colpiti scorrendo questi brani.

I testi e la musica di Closer sono una miscela micidiale. Ascolto e lettura sono imprescindibili. Lasciarsi trasportare non è affatto difficile. Banchi di nebbia e luci soffuse sono nell’immaginario il naturale contorno. La musica è grande, ma è l’unione con l’opera di Ian a rendere questo disco memorabile.

Closer – Factory Records, luglio 1980

Tracklist

1-Atrocity Exhibition

2-Isolation

3-Passover

4-Colony

5-A Means to an End

6-Heart and Soul

7-Twenty Four Hours

8-The Eternal

9-Digital

di Marco Mantovani

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