Un piccolo club. Luci intermittenti. Fumo, tanto fumo. Volti distorti che si intravedono dietro ad un muro di suoni e tensioni, emozioni e parole. Le parole sono note, le note parole. Che siano sussurrate o urlate esse non perdono mai la loro compostezza, il loro garbo, la loro indefinibile precisione anche laddove (o proprio dove) s’insinuano nel caos mentale di un alienazione crescente. In un flusso di coscienza inarrestabile, dal quale emergere di tanto in tanto fra un brano e l’altro, per poi tornare a perdere pensieri leggeri leggeri, appesi alle parole di Emidio Clementi, cullati dalla chitarra di Egle Sommacal, nel più religioso silenzio.
Questo è un concerto dei Massimo Volume, gruppo atipico per sound e per storia il cui ultimo e apprezzatissimo disco “Cattive Abitudini” segna un ritorno sulle scene atteso da otto anni. Ed erano in molti ad attenderli questa sera al New Age di Roncade, vicino a Treviso, almeno a giudicare dal pubblico presente. Un pubblico eterogeneo, composto da insospettabili signori baffuti, gruppi di ragazzi, coppie appiccicose e anomali trentenni solitari che forse non andavano ad un concerto da diversi anni.
Ad aprire la serata i Valentina Dorme, formazione veneta ormai attiva da quasi vent’anni e che rappresenta una delle più belle realtà del panorama indipendente italiano. L’ultimo “La Carne.” li ha fatti conoscere ad un pubblico più ampio (seppur ancora una nicchia) ma soprattutto ha segnato l’introduzione di notevoli elementi innovativi rispetto ai precedenti “Capelli Rame” e “Coraggio dei Piuma”. Il gruppo è maturo e competente e si caratterizza per un sound pulito ed equilibrato, per la bravura compositiva e “recitativa” di Mario Pigozzo Bavero e per almeno una manciata di momenti decisamente intensi. Una Colt, L’Amore a 30 anni, Claudia Cardinale da Giovane sono solo alcuni dei brani che ricordo con piacere di un’esibizione nel complesso più che gradevole. Senza dubbio possiamo annoverare i Valentina Dorme tra quei gruppi del sottobosco italiano che meriterebbero più considerazione, e non solo dagli “addetti ai lavori”.
Considerazione che si sono presi (a pieno titolo) i Massimo Volume. Il ritorno in studio per la sempre più apprezzata etichetta Tempesta ha infatti dato nuova linfa ad un progetto che col suo scioglimento aveva lasciato l’amaro in bocca a non poche persone. Di cose da dire, in effetti, ne avevano ancora non poche e questa sera sono qua per dimostrarlo, qualora ce ne fosse bisogno.
Quando il volto ruvido e segnato di Emidio Clementi emerge dalla nebbia artificiale il locale pende già dalle sue labbra. I suoi testi, così forti e personali, vengono buttati con rabbia e commozione in pasto ad una platea rapita, che trasale nelle (brevi) pause solo per mostrare il sincero apprezzamento nei confronti della band e dare loro il bentornato a tre anni di distanza dall’ultimo loro concerto al New Age.
La scaletta prende in rassegna praticamente per intero “Cattive Abitudini”: Robert Lowell, Coney Island, Le Nostre Ore Contate, Litio, Avevi Fretta di Andartene, Fausto… in effetti a pensarci non saprei risalire ad eventuali pezzi mancanti.
Nell’ora e mezza di live praticamente ininterrotto se escludiamo i ben due encore che il gruppo bolognese ci regala, trovano spazio anche piccoli “gioielli” più datati, pescati dritti dritti da quel “Lungo i Bordi” che rappresenta forse uno dei massimi vertici del rock alternativo italiano degli anni ’90. Ma bisogna ascoltarli dal vivo Il Tempo Scorre Lungo i Bordi, Il Primo Dio, Fuoco Fatuo per accorgersi dell’eccezionale intensità ed emotività che li abitano. E i brividi sulla pelle si susseguono immagine dopo immagine, accordo dopo accordo, rullata dopo rullata, fino ai saluti finali.
L’energia e la chimica che hanno sul palco Emidio Clementi, Vittoria Burattini, Egle Sommacal e Stefano Pilia supera perfino quella che si può apprezzare negli album. I tre musicisti sono sì maestri nei rispettivi strumenti, ma è nell’affiatamento che colpiscono più di ogni altra cosa. Si seguono, s’incontrano, si lasciano ma si ritrovano sempre, nell’equilibrio perfetto di una macchina che non può non stupire per quanto è ben oliata. E tutto scorre via pulito, logico, coerente, naturale e spontaneo. Ma soprattutto dannatamente toccante.
by Marco Dalla Stella
pics by Fabio Marchiaro