The Times they are a-changin’
Sono stanco, alla deriva come una nave dal timone incastrato e in balia delle acque, “cammino di qua e di là senza un posto dove andare”, da mille pulpiti solo parole che non mi appartengono, non mi identifico in loro, non sono così “l’uomo sul palco vuole il mio voto mi dice che ama tutti quanti mangia pizza mangia ciambelle”, i miei pensieri sono in continua lotta tra loro. È il momento di cambiare, tentare di cambiare, provarci, che armi possiedo se non la verità? “E quante volte un uomo può volgere il capo e fare finta di non vedere”.
La mia chitarra in spalla e foglietti sparsi nelle mie tasche, ruvidi come il freddo inverno che si avvicina, “mi misi in spalla la mia vecchia chitarra, afferrai al volo un treno del subway e dopo un viaggio di rock and roll ondeggiando approdai nel downtown Greenwich Village”. Perso in questa grande città dove il cielo domina dall’alto dei palazzi, mille storie da raccontare in quelle finestre che si accendono e spengono “dove la anime sono dimenticate, dove nero è il colore, dove zero è il numero”, aspetto, “per parlare quando non è il mio turno”, mi stringo dentro il mio impermeabile e osservo le strade di New York “vedo un mondo nuovo di gente e di cose”.
Faccio ritorno a casa, costeggio la ferrovia, quelle rotaie fumanti di viaggi spesso dimenticati, “mentre viaggiavo verso ovest mi addormentai per riposarmi un poco feci un sogno che mi rese triste su di me” sono un uomo al bivio, il cielo stasera è rosso sangue, piove, mi faccio sorprendere dall’odore del temporale e dalla sua imprevedibilità, zuppo fino alle ginocchia “sarete inzuppati fino all’osso se per voi il tempo ha qualche valore allora è tempo di cominciare a nuotare”. Il balcone di casa si affaccia sul fiume Hudson, vedo tante piccole barchette alla deriva senza una meta, come me…“la mia esistenza naviga su battelli di confusione, ammutinamento da poppa e prua”, l’interno di casa mia è blu, il suono dei miei pensieri prende spessore sulla carta, provo a sistemarli, a dirigerli come un timido menestrello a corte di un inesistente Re “le parole mi riempiono la testa e cadono sul pavimento”.
Cosa posso far rimanere se non il suono delle mie parole, ho una voce acida non posso fare il cantante semplicemente descrivo il reale, oh tempo sii clemente con me, lasciami libero di andare via “il tempo passa velocemente e poi svanisce lontano”, lunghe sbarre nei miei occhi come in una cella “ma non imprigionarmi nello scorrere delle ore”.
Sogno di praterie sconfinate e cavalli che mi passano vicino, sogno schiene di donna “dai magnetici movimenti che ancora mi catturano” e libri impolverati. Scrivo senza fermarmi, non alzo mai la testa, strimpello una dodici corde scheggiata dai troppi colpi presi sogno un mondo che “un mondo che semplicemente non esiste”. Ancora in strada per catturare altre parole che mi diano la chiave alle mie sconfinate domande, “se si potessero vedere i miei sogni pensanti probabilmente metterebbero la mia testa in una ghigliottina”. Mi spaventa il deposito di ferrivecchi sul lato buio della strada, “non serve a niente accendere la luce sono sul lato buio della strada”, i rottami come parole pericolose che riposano vicine, guardo in alto la cisterna dell’acqua in legno alta nel cielo, incontro le persone che mi attraversano come spettri vuoti i loro bisbigli sono pugnalate alle mie spalle “la gente parla di situazioni legge libri ripete citazioni”.
Apro la porta di casa, la chitarra è una compagna fedele che attende sempre il mio ritorno, ho un ritornello un po’ stonato nella mia testa da questa notte “dai suoni della mia mente mentre un altro giorno è passato e ho ancora mille miglia da fare”. Mi siedo sul pavimento, strimpello delle parole che ben si identificano con il suono della chitarra, provo a guardare il mio viaggio, guardo chi realmente sono “senza casa come una sconosciuta come una pietra che rotola”, forse riesco a farmi capire, forse siamo tante persone chiuse dentro scafandri profumati di rose in attesa che qualche cosa funzioni nel modo giusto, “molti qui fra noi pensano che la vita sia solo una beffa”. Spinto dal mio banale ego mi cerco un posto dove suonare, sono timido e chiuso e non amo parlare, scrivo, strimpello la chitarra e canto ingenuamente lo scorrere delle stagioni su di me “il senso della vita è volato nel vento c’è gente che pensa che la fine è vicina e invece che a vivere impara a morire”. Greenwich Village 1961: “Ok quello è il palchetto, una birra offerta dalla casa e tre dollari è il tuo compenso, metti una firma qui e stasera sei ospite qui da noi”. Volevo farmi chiamare Robert Allen, ma la lettera D acquistava sempre più forza e alla fine scelsi Dylan. Mr. Bob Dylan.
Credits: “Talking New York” – “Song to Woody” – “Blowing in the Wind” – “Masters of War” – “Don’t think Twice it’s Alright” – “Bob Dylan’s Dream” – “I Shall be Free” – “The Times they are a-changin’” – “With God on our Side” – “One too Many Mornings” – “Chimes of Freedom – “To Ramona” – “My Back Pages” – “Ballad in Plain d” – “Loves Minus Zero/no Limit” – “It’s Alright ma” – “Like a Rolling Stone” – “All Along the Watchtower” – “Times Passes Slowly” – “Let me die in my Footsteps”.
BOB DYLAN. The Drawn Blank Series – a cura di Luca Beatrice – dal 13 luglio al 29 luglio 2010. Accademia Albertina delle Belle Arti Torino, Via Accademia Albertina, 6
di Maurizio Cerutti